Riflessioni di una studentessa di quinta

Giunge la fine delle lezioni, delle verifiche e interrogazioni, la fine di un altro anno; siamo pronti ad allentare le redini, reclamare il meritato riposo, affrontare l’estate con rinnovata energia: ci siamo impegnati, ci siamo guadagnati una pausa.

E, se così non fosse, ce la prenderemo comunque.

Per alcuni la fine giunge più definitivamente che per altri: le lezioni interrotte non riprenderanno a settembre. Parliamo degli studenti di quinta, ovviamente: è giunto per noi il momento di trovare (o creare, per i più coraggiosi) nuove strade da seguire; un lustro basta e avanza, seduti a questi banchi che già da tempo hanno iniziato a starci troppo stretti.

È vero, c’è ancora la Maturità, non l’ho dimenticata… Voglio solo ignorarla ancora un paio di giorni.

La Maturità, di cui ci hanno parlato a sfinimento e che sembra così lontana dall’immagine di scuola nella mia testa; che non lascia spazio per le battute scambiate con i compagni (e talvolta anche con i professori), la noia e la preoccupazione condivisa, il lieve, ma quasi inevitabile senso di cameratismo che nasce dallo spendere così tanto tempo insieme, che lo si voglia o meno.

Alcuni di noi si sono chiesti cosa ne sarà di questi brevi, eterni cinque anni, una volta che saranno finalmente passati: di cosa ci ricorderemo, ripensandoci?

Probabilmente non ci mancheranno le code per i bagni o le macchinette, le fontanelle che spesso si scoprono essere vuote, il marciapiede affollato che ci obbliga a sfidare la morte pur di andare a mangiare, la gente che spinge per salire sul pullman quando l’unico pensiero è rivolto a quanto si stava bene nel proprio letto (o a quella fatidica interrogazione di italiano alla prima ora); non mancheranno le classi in cui piove, l’occasionale insetto che interrompe le lezioni, l’evacuazione di tutta la scuola per una fetta di pizza nel microonde, le lezioni delle materie che non sono mai riuscite a farci appassionare (la matematica semplicemente non fa per tutti); forse ci sarebbe mancata la nuova palestra, se solo avessimo avuto la possibilità di entrarci.

Eppure non possiamo dire che non ci mancherà nulla.

Ci mancheranno cose scontate: gli amici, i compagni, i Copioni e la Ragnatela, che ci hanno fatto conoscere persone nuove con cui lavorare e divertirci (nonostante i professori dispotici che li governano); cose più piccole e apparentemente insignificanti, come la scuola semi-deserta appena entrati al mattino, andare a scuola in pigiama, i brownies delle macchinette, i rari film che donano una pausa dalle spiegazioni, le uscite nel parco quando il tempo si fa bello e le lezioni pesanti; cose preziose, come i professori che sono riusciti a trasmetterci la loro passione, a vedere i ragazzi nascosti dietro agli zaini stracolmi, a offrirci piccole occasioni per crescere ogni giorno.

Perché è questo che abbiamo fatto: abbiamo speso cinque anni a crescere tra queste pareti troppo sottili per non sentire la Listening della classe a fianco, diventando, si spera, un esempio per i più giovani. Ma c’è un limite a quanto si possa crescere al liceo e perciò è ora di tornare ad essere i più piccoli, ora di maturare ancora un po’.

Buona fortuna a voi che restate, che avete ancora tempo davanti, e buona fortuna a noi che andiamo, che ne abbiamo avuto più che a sufficienza.

Teresa C.

P.S.: ringrazio Carlotta, Sabrina, Francesco, Greta, Rebecca, Laura e Marta per i suggerimenti (senza i quali non avrei saputo dei brownies).