Non so chi sia il più grande fotografo del mondo, fare classifiche sull’arte è sempre un po’ arbitrario, ma so che Sebastião Salgado era il mio preferito.
La preferenza è nata dopo una visita ad una mostra al forte di Bard e, soprattutto, dalle sensazioni provate durante la proiezione del film documentario su di lui di Will Wenders intitolato Il sale della terra.
Non so scegliere bene gli aggettivi perché le sue foto, sempre in bianco e nero, avevano un’intensità particolare, ma non si possono definire propriamente belle; a volte erano terribili, mostravano l’abisso di male di cui è capace il cuore dell’uomo, come quelle che raccontavano la guerra in Bosnia, la carestia in Etiopia, i massacri del Ruanda, il formicaio di minatori della Serra Pelada o la devastazione della guerra in Iraq. Belle erano forse quelle del progetto Genesis, in cui ritrae alcuni paesaggi incontaminati che sopravvivono nel mondo. Angoscianti o magnifiche, erano comunque capaci di emozionare.
Ad un certo punto della sua vita, quasi sopraffatto dal male di cui era stato testimone, Salgado si è fermato. In quegli anni ha iniziato, con la moglie, un progetto completamente diverso da quelli legati alla sua professione di fotografo; la Fazenda Bulcão, che la sua famiglia aveva acquistato anni prima, ed era ridotta ad una landa desolata e, con un piano gigantesco di riforestazione, piantando milioni di alberi, Salgado si è impegnato a ricreare le condizioni in cui la vita può fiorire. Nelle terre prima aride è tornata la foresta hanno ricominciato a moltiplicarsi le specie animali, ripristinando la ricchezza della biodiversità che era stata cancellata.
Un simbolo potente di come l’uomo, capace di distruggere e diffondere morte, possa scegliere di impegnarsi per la vita e ricostruire quello che ha devastato.
Nell’ultima parte della sua carriera di fotografo si è dedica soprattutto alle foto della natura, ritraendo zone incontaminate e selvagge, dall’Amazzonia ai Ghiacciai del Polo.
Ora ci ha lasciato. Restano le sue foto e la sua storia che fa riflettere su chi è l’uomo e su cosa è capace di fare, nel bene e nel male, al pianeta e alle persone con cui vive.
Marco