Teresa Radice e Stefano Turconi sono una coppia di talentuosi fumettisti italiani e una presenza importante sui ripiani della mia libreria; è quindi un piacere poter scoprire la loro storia, affascinante quanto quelle raccontate nei loro lavori.
Come mai avete deciso di diventare fumettisti? Avete intrapreso un percorso preciso a tale scopo, o è successo per caso?
Stefano ha intrapreso un percorso preciso: ha iniziato a disegnare prestissimo, vincendo anche premi di disegno da bambino e alle elementari ha capito che da grande avrebbe potuto trasformare quella passione in un lavoro quando a scuola è arrivato a raccontare il suo mestiere Franco Bignotti, disegnatore di Tex. Quindi ha scelto il liceo artistico e poi, parallelamente all’Accademia di Belle Arti di Brera, ha frequentato la Scuola del Fumetto del Castello Sforzesco di Milano, nella quale in seguito è stato insegnante. Ha cominciato la sua collaborazione con Disney dopo aver mostrato i suoi disegni a Romano Scarpa, che gli ha fatto da maestro, come poi Giorgio Cavazzano e Alessandro Barbucci. La sua prima storia Disney risale al 1997.
Teresa, invece, ha sempre sentito che si sentiva a casa nelle storie, ma per arrivare a farlo di mestiere ha seguito un percorso più tortuoso. Si è laureata in lingue e letterature straniere e ha conseguito una Specializzazione in Comunicazioni ma, desiderando continuamente scrivere, parallelamente ha seguito brevi corsi di scrittura creativa all’estero, prima di tentare e superare la selezione per entrare all’Accademia Disney di Milano, dove il suo maestro è stato Alessandro Sisti.
Com’è iniziata la vostra collaborazione e cosa si prova a lavorare ad un fumetto a quattro mani?
Ci siamo incontrati in Disney, nella redazione milanese di Topolino, a fine gennaio del 2004. Ci siamo piaciuti subito (l’anno seguente eravamo già sposati), ma solo dopo un certo tempo abbiamo cominciato a pensare di fare storie insieme. Le prime proposte sono state per il settimanale Topolino, con la serie in 15 episodi Pippo Reporter, ambientata nella New York degli anni 20 del Novecento. Abbiamo lavorato insieme a decine di storie, anche per il mensile W.I.T.C.H.
Nel 2013 è uscito per Tunué il nostro primo graphic novel Viola Giramondo: la nostra prima storia extra-Disney. È stato l’inizio di un viaggio che continua a durare: da allora abbiamo pubblicato più o meno un libro all’anno, tutti con ambientazioni, tematiche e tecniche differenti (ci piace cambiare e trasferirci in altre epoche, siamo due curiosoni) e tutti, a partire da Il Porto Proibito del 2015, pubblicati in Italia da Bao Publishing.
Lavorare a quattro mani per noi è la cosa più naturale del mondo, perché condividiamo passioni ed esperienze ormai da 21 anni e c’è sempre un desiderio comune alla base di ogni nuovo lavoro, che poi ci impegna per due/tre anni, prima di arrivare alla pubblicazione.
Come nascono le vostre storie?
Nascono, come dicevo, da un bisogno comune di raccontare qualcosa, e di solito quel qualcosa è un incontro che in qualche modo ci ha toccati: con una persona, o un luogo, o un’opera (musicale, teatrale, letteraria…). In un primo momento discutiamo molto insieme della direzione che vogliamo dare alla storia, delle tematiche che vogliamo affrontare, dell’epoca storica e cominciamo a immaginare i personaggi e le ambientazioni. Poi, mentre Stefano inizia a buttare giù l’aspetto fisico che avranno i personaggi, Teresa si mette a lavorare alla storia per intero: dapprima se la scrive tutta su un quadernetto quasi come fosse un romanzo, con tutti i particolari che le servono e, se capita, anche già frammenti di dialoghi; quindi, quando è convinta che la cosa funzioni, fa una “serata storia” coinvolgendo anche i figli come ascoltatori (ne abbiamo due) e per la prima volta racconta tutto per filo e per segno, ed è il primo momento in cui la storia “esce da lei per andare verso qualcun altro”; se l’impressione è positiva e coinvolgente, trasforma quella storia in sceneggiatura, cioè istruzioni dettagliate, pagina per pagina, vignetta per vignetta, perché il disegnatore possa appunto tradurla in immagini. E da quel momento la palla passa a Stefano, che disegna (sempre a mano), colora (a volte a mano, a volte con l’aiuto del computer) e “lettera”, cioè trasferisce le parole dei dialoghi della sceneggiatura dentro i balloon. Quindi il libro passa alla redazione di Bao per il controllo e l’impaginazione.
Un’ultima curiosità: quali sono i vostri fumetti preferiti?
Siamo legati ai fumetti dell’infanzia, quelli che ci hanno fatto venire voglia di avere a che fare con i fumetti stessi: per Stefano soprattutto Asterix, copiando il quale ha imparato a disegnare, per Teresa I Peanuts, Topolino e Calvin & Hobbes. Poi amiamo i classici: Toppi, Pratt, Micheluzzi. Dei contemporanei ci piace molto Cyril Pedrosa, ma anche Zerocalcare, Gipi e Manuele Fior. Altri grandi narratori sono Flavia Biondi e Giulio Macaione. Per citarne solo alcuni.
Ringraziamo Teresa e Stefano per la loro disponibilità e auguriamo loro buona fortuna per i progetti futuri.
Teresa C.