Pubblichiamo oggi il testo di Beatrice Bordignon premiato al concorso “Shoa: memoria e futuro”.
Quella sera era buio, il freddo penetrava in profondità, quella sera io ti vidi, sussurrai il tuo nome e mi abbandonai all’abbraccio oscuro della morte.
Ricordo bene quella sera, quella sera tu mi colpisti e lo facesti con rabbia, tu che avevi giocato con me, tu che avevi pianto tra le mie braccia, tu che avevi condiviso con me il tuo pranzo, proprio tu, tra tutti.
È strano, solo quella sera realizzai quanto la distanza fosse abissale, solo quella sera vidi quell’odio taciuto per mesi, solo quella sera mi accorsi della mia solitudine.
Più ti guardavo più annegavo nel dolore, più cercavo la salvezza più mi facevi sentire di meritare quella punizione, mentre mi urlavano di non essere degna della vita cercavo di aggrapparmi a te ma fu proprio il tuo ricordo a distruggermi definitivamente.
Sei stato tu a convincermi di non essere abbastanza, di essere sbagliata, “sei la rovina della società” mi dicevi ma eri stato sempre tu ad asciugare le mie lacrime qualche mese prima, eri stato tu a sorridermi quando il sole non splendeva, eri stato tu ed io ci credevo.
Hai abbracciato ideali che non condividevi, sei entrato in casa mia, mi hai calpestato e prima di uscire ti sei voltato a guardarmi. Ricordo la tua uniforme, quell’uniforme che mi avevi mostrato con orgoglio un anno fa, quell’uniforme che mi avevi chiesto di ripararti, quell’uniforme dello stesso colore dei tuoi occhi. Tu con quell’uniforme, mi hai guardato e hai deciso che la mia vita sarebbe dovuta finire.
Mentre mi colpivi non volevo ribellarmi, non ne avevo le forze, volevo solo scomparire nel dolore, volevo solo che finisse. Non ti ho supplicato, non ho urlato, ho solo incrociato il tuo sguardo ed ho sperato, anzi desiderato che al tuo posto ci fosse qualcun altro. Ti ho chiamato amico, complice, compagno e non avrei mai pensato di definirti anche nemico. Cosa era cambiato? Io ero sempre la stessa. La mia mente cercava una motivazione, una giustificazione, non c’era.
Quella sera ti ho guardato, da lontano, mentre io ero stesa a terra e tu stavi uscendo da quella soffitta. Ti ho osservato, per l’ultima volta mi sono persa nei tuoi occhi, poi ho chiuso i miei, sperando in un tuo ripensamento, in un tuo ultimo abbraccio, in un’ultima parola di conforto. Quella sera nessuna delle mie speranze si realizzò.
Quella sera mentre il buio mi avvolgeva, il mio pensiero si legava a te. Cosa ti avevano fatto? Cosa ti avevano detto per convincerti della mia inferiorità? Tu non ci credevi, tu odiavi la morte, volevi costruire non distruggere, tu eri mio amico, tu mi amavi ed io quella sera, nonostante tutto, decisi di perdonarti.
A presto, amico caro.
A te che ami la vita, non lottare per la morte, non combattere per la distruzione, vivi per salvare, ama la giustizia, lotta per la libertà, lotta per me.
Beatrice Bordignon