Un invito a non ignorare

“Chiudi gli occhi, passerà”.

Ancora adesso mi risuona nella testa la voce della mia mamma, che, quando ero piccola e qualcosa mi faceva paura, riusciva a calmarmi.

“Non ti preoccupare, tra un attimo finisce tutto”.

Ed era davvero così; in un batter d’occhio era già tutto finito, i mostri erano scomparsi ed era tornata la normalità.

La normalità di una bambina di cinque anni che vive in Occidente, tra le pareti di una casa tranquilla, con una famiglia serena, in un paese in relativa pace.

“Chiudi gli occhi, passerà”.

Sono sicura che siano le stesse parole che usa una madre che cerca di calmare il figlio in un momento disastroso: mentre intorno cade tutto a pezzi, mentre l’unica emozione che si è in grado di provare è la paura e anche il tempo sembra scorrere più lentamente.

“Non ti preoccupare, tra un attimo finisce tutto”.

Ma non è così. È un qualcosa che va avanti da molto tempo, troppo, e i bambini che lo hanno vissuto per primi, se ancora vivi, ora sono adulti, che con la paura ci convivono da tutta la vita.

Non basta chiudere gli occhi e aspettare che le cose passino, non è un qualcosa che ci possiamo permettere di fare, perché, mentre noi fingiamo che vada tutto bene, quei bambini sanno per esperienza che non è così e per questo ripongono la propria fede nella nostra solidarietà, nel nostro riconoscere di essere tutti esseri umani.

Allora, apriamoli questi occhi per vedere la nostra umanità, ma soprattutto per vedere come uno solo di quei bambini sia più coraggioso di un milione di uomini e che, nonostante le ferite, abbia la forza di dire “io voglio vivere”.

Come si fa a chiudere gli occhi, starsene zitti e condurre una vita serena sapendo di essere la causa delle loro ferite? Perché sì, anche il silenzio ferisce, a volte più delle parole.

Io gli occhi li apro, perché quei bambini dovrebbero poter vivere come tali, dovrebbero poter giocare, cadere e crescere e invece hanno imparato a distinguere il suono degli allarmi, hanno sentito il pianto di un genitore che ha perso il figlio e il fragore di un edificio che crolla sotto di un bombardamento.

Se loro gli occhi li tengono aperti, perché mai noi non dovremmo esserne capaci? Perché mai noi dovremmo fingere che si tratti di un conflitto che riguarda solo loro? E perché mai noi dovremmo lasciarci condizionare da ciò che ci dicono altri, vedere il mondo attraverso occhi che non sono i nostri, sapendo che l’obbiettivo di chi ci fa guardare altrove è quello di controllarci e non quello di ottenere davvero pace?

La verità si trova nei cuori di quei bambini innocenti, a cui non è rimasto altro che sperare che noi li vediamo davvero: la speranza di accorgercene e di non ignorare i loro pianti e le loro grida di aiuto.

Per questo cerco di restare con gli occhi aperti, per dimostrare di avere ancora umanità dentro di me, di saper distinguere chi sono le vittime del silenzio di governi troppo reticenti, se non menzogneri e quali sono i momenti in cui non bisogna stare zitti.

Stop al genocidio.

Sabrina I