Viaggio in un altro mondo
Clara è una ragazza di 5B appena tornata da un’esperienza di 10 mesi in India: nel nostro immaginario un posto lontano e diversissimo dall’Italia: cerchiamo di capire con lei se è proprio così.
Dove sei andata, come e perché?
Sono stata in una regione che si chiama Gujarat a centro-ovest dell’India. Fin da piccola è sempre stato un mio sogno partire per l’anno all’estero e mostratasi l’occasione ho deciso di coglierla.
Sono partita grazie ad una borsa di studio che ho ottenuto con Intercultura, a cui mi sono rivolta perché mi era stata consigliata da alcuni familiari. Una particolarità di Intercultura è che non si può scegliere il posto dove andare e per questo ho dovuto stilare una lista di 10 paesi. Tra i tanti c’era anche l’India, non la mia prima scelta, ma mi è sembrata una bella avventura da fare e per questo ho deciso di partire.
Quali paesi avevi messo nella tua lista?
Sinceramente a distanza di tempo non li ricordo tutti, avevo messo Panama, Norvegia, Svezia, Finlandia, Stati Uniti, Spagna, Filippine e all’ultimo posto l’India, è una cosa molto divertente :)
Com’era il posto dove vivevi?
Io vivevo in centro, però non era come quello che conosciamo noi, come in una città italiana dove ci sono centro e periferia; lì invece è strutturata come città vecchia, città e città nuova. Anche a livello paesaggistico è praticamente un altro mondo. Per quanto riguarda il verde a cui sono abituata non ce n’era molto però più ci si allontanava del centro più se ne trovava
Differenze tra l’Italia e il paese in cui hai vissuto?
In realtà mi è difficile dire qualcosa in comune tra Italia e India a livello culturale, di tradizioni, ma anche banalmente a livello di cibo e relazione tra le persone: tutto è completamente diverso. La cosa che mi ha affascinato tantissimo è che l’India al suo interno presenta tantissime differenze tra uno Stato e l’altro; banalmente se fossi andata in Punjab, sempre in India, avrei trovato qualcosa di totalmente diverso; una lingua diversa, tradizioni diverse, i piatti tipici differenti…
Queste differenze possono essere paragonate alle nostre regioni? I nostri dialetti?
No, secondo me sono più marcate, ad esempio al Nord hanno una lingua completamente diversa dal Sud. Anche se c’è una lingua comune, l’hindi, l’abitante del Sud dell’India, per identità culturale, preferisce parlare la sua lingua. I tanti stati in cui è divisa l’India possono essere paragonati a tante Italie. Nonostante io abbia vissuto lì 10 mesi mi rendo conto di non aver imparato neanche un quarto di quello che può offrire questo paese.
Punti forti e punti deboli dell’esperienza scolastica?
Per prima cosa il sistema scolastico è come quello anglosassone e un punto importante è che si studiano tutte le materie in inglese. Infatti, proprio per questo gli indiani sono bilingue. Io studiavo 5 materie, di indirizzo scientifico e avevo delle sessioni d’esame ogni 2 mesi. Una cosa positiva era che, quando dovevo preparare un esame dovevo studiare anche gli argomenti dell’esame precedente e così facendo rimaneva tutto più a mente. Un punto a sfavore è la competizione; essendo un miliardo e mezzo di abitanti se vuoi diventare qualcuno di importante o perlomeno andare in una buona università, devi essere il più bravo tra tantissimi. Io andavo in una scuola di medie dimensioni e di competizione ce n’era davvero parecchia, perché gli indiani vivono per la scuola; molti non hanno una vita al di fuori di essa, alcuni un po’ per la pressione della loro famiglia, altri proprio per impostazione personale.
Il ricordo più bello?
Un solo ricordo è molto difficile da trovare, in 10 mesi ne ho accumulati un sacco. Se dovessi scegliere, forse il momento in cui ho conosciuto la mia famiglia ospitante; non è il ricordo più bello, ma il momento in cui ho provato più emozioni; avevo tante domande nella mia testa ero sorpresa, eccitata, confusa, tanto che non riesco neanche a spiegarlo.
Un momento che però può essere definito realmente il ricordo più bello è legato alla partecipazione ad un festival, più o meno dopo 2 mesi che mi trovavo lì. La festa durava 10 giorni e si chiamava Navratri; per 9 notti di seguito bisognava truccarsi e vestirsi in abiti tradizionali e ci si incontrava nelle piazze, dove, al centro, in una costruzione particolare, era suonata musica tradizionale. Le persone ballavano in cerchio. C’erano persone di tutte le età dai 7 anni a, non sto esagerando, i 70. Penso sia stato uno dei momenti più belli perché i festival in India hanno un senso di unione, sono molto sentiti nella cultura e nella società.
In conclusione, consiglieresti questa esperienza?
La consiglierei tantissimo perché penso sia una esperienza che ti forma sotto tutti i punti di vista: ti rendi conto essendo dall’altra parte del mondo da solo e che nella vita devi anche imparare a “cavartela”. Dà moltissimi insegnamenti. L’anno all’estero non è fatto per divertirsi 10 mesi; c’è anche quello, ma principalmente viene affrontato per imparare a confrontarsi con una nuova cultura, nuovi punti di vista, nuove persone, nuove lingue. Nonostante il giudizio pienamente positivo non dico che sia tutto rose e fiori perchè in 10 mesi ci sono momenti di felicità, ma anche momenti tristi e di difficoltà. Mi sono trovata in una situazione e un contesto completamente nuovi ma va bene; l’importante è trovare il modo di superare questi momenti e di arrangiarti. Comunque non cambierei nulla della mia esperienza, forse mi sarebbe piaciuto viaggiare un pochino di più con la mia famiglia, ma era composta solo da mia sorella ospitante e mia madre che lavoravano e studiavano sempre.
Grazie e buon ultimo Anno
Aurora F