Una settimana insieme per capire le Fake News

Nura, studentessa di 5D linguistico, ci racconta la sua curiosa esperienza al “Fake2022 project” che si è svolto ad agosto a Verrone. Il progetto, che era promosso da questo comune in collaborazione con quelli di Benna, Borriana, Candelo e Cerrione, si è svolto in varie sedi, tra le quali il museo “Falseum”.

Spiegaci in breve in cosa consisteva questa attività.

Ho partecipato al progetto Erasmus, cioè un progetto finanziato dall’unione europea focalizzato su un tema che, nel mio caso, erano il fenomeno delle fake news. Il tutto è durato una settimana in cui attraverso attività di gruppo, non lezioni frontali, io, i miei compagni italiani, e altri ragazzi venuti da Paesi dell’UE, coinvolti in questo particolare scambio (Francia, Portogallo, Repubblica Ceca e Croazia), abbiamo imparato cosa fossero le fake news, come riconoscerle e come influenzano la nostra vita.

Come hai scoperto di questa opportunità?

Attraverso mia mamma che, essendo una delle organizzatrici del progetto, mi ha introdotto questa opportunità che si è rivelata molto interessante.

Quali lingue hai parlato? Hai schiacciato gli altri con il tuo tedesco perfetto visto le tue abilità affinate durante il tuo anno all’estero in Germania?

(non sapendo che la Germania non partecipava a questo scambio l’intervistatrice ha commesso un piccolo errore :( )

Ho parlato prevalentemente inglese, ma anche italiano sia con i miei compagni sia con gli altri ragazzi che riuscivano a comunicare un po’ nella nostra lingua, come i croati per esempio e visti i Paesi coinvolti non ho avuto occasione di parlare tedesco.

Come valuteresti la tua esperienza?

è stata molto bella, ho conosciuto tante persone interessanti e aperte. Sono anche molto contenta di come sia stato trattato l’argomento in modo interattivo, che induceva anche alla riflessione.

Hai qualche aneddoto carino da raccontarci?

Si certo, durante questi giorni passati assieme abbiamo imparato qualche parola di croato, alla fine della settimana tutti i partecipanti sapevano dire kako slatko (che vuol dire “how sweet”)

Laura