Dalla dott.ssa Chiorino una lezione preziosa
L’ultima intervista della Ragnatela è stata un dialogo con la dott.ssa Giovanna Chiorino, ricercatrice presso il laboratorio di genomica della fondazione Edo ed Elvo Tempia.
La scienziata, laureata in matematica e con 20 anni di esperienza alle spalle nella ricerca sui tumori, ci ha regalato una lezione due volte preziosa.
Preziosa per il contenuto, espresso in modo sempre chiaro, dimostrando competenze tecniche precise, ma anche la volontà di essere comprensibile ad un pubblico attento, ma non esperto.
Preziosa per il modo, misurato e pacato, con cui ha risposto alle domande. Ci ha lasciato l’immagine di un percorso dove più dei risultati sensazionali contano i tanti piccoli passi come il miglioramento di una terapia, lo sviluppo di una nuova tecnica diagnostica, l’affermarsi di una migliore cultura della prevenzione. Ci ha raccontato di “tanti piccoli pezzi che compongono un grande puzzle”, che vanno a comporre un quadro affascinante in cui la ricerca fornisce risultati concreti.
Esemplare la sua risposta alla domanda sul perché oggi la scienza, nonostante le scoperte, non ultime quelle dei vaccini che ci stanno permettendo di sconfiggere il COVID, non goda di buona fama, ma sia da molti guardata con sospetto. Invece di additare un colpevole, magari i media, di denunciare l’ignoranza diffusa o lamentarsi della mancanza di una cultura scientifica, si è concentrata sulla difficoltà che hanno gli scienziati a divulgare in modo semplice e chiaro i risultati della ricerca. A volte, ci ha detto, non sono così capaci di utilizzare un linguaggio comprensibile a chi non ha alle spalle un percorso scientifico, altre volte piccoli risultati e passi parziali vengono presentati al grande pubblico come possibili soluzioni definitive con titoloni sullo stile: “Scoperta la molecola che curerà i tumori”. Così si creano grandi aspettative che però non vengono mantenute e questo nutre la sfiducia: c’è bisogno di divulgatori che sappiano comunicare in modo chiaro e trasparente con il pubblico.
Ci ha presentato una visione “umile” della scienza, raccontandoci di un sapere che non ha tutte le risposte, che procede per prove ed errori, un passo alla volta, senza salti e raramente per merito di scoperte sensazionali, che richiede capacità di lavorare in team facendo interagire competenze diverse e che quando qualche cosa non funziona si interroga sui propri errori invece che cercare colpevoli.
Nello stesso tempo ci ha regalato una visione “alta” dell’avventura della ricerca scientifica, un’impresa che richiede competenze, dedizione, impegno e che punta a migliorare concretamente la vita delle persone, risolvendo problemi reali: non promette la cura miracolosa, ma scopre come fare una diagnosi migliore e precoce di un tumore, aiutando a prevenirne la formazione, si ingegna su creando strutture di supporto e ricerca che preparino i successi di domani.
Così, anche se la dottoressa non ha offerto risposte e certezze, ascoltarla è stato un’esperienza capace di regalare ispirazione a chi nel suo futuro non cerchi una strada in cui conti l’apparenza, ma voglia fare davvero la differenza.