Le parole di Lucia dopo due mesi in Canada

 

Lucia, 4E, dopo molte incertezze, nonostante il COVID, è partita per un periodo di studio in Canada.

In una lettera ai suoi insegnanti racconta sensazioni e impressioni dopo le prime settimane di esperienza, dalla mancanza delle cose normali, alla determinazione nel trovare spazi di bellezza.

Oggi stavo camminando per i corridoi della scuola con una mia amica tedesca e pensavamo a quanto il Covid stesse limitando la nostra esperienza; se fosse tutto come prima potremmo utilizzare gli armadietti, assistere alle partite di basket, fare delle attività di squadra, uscire con un grande gruppo di amici… purtroppo non è così ma sinceramente io non cambierei nulla nell’esperienza che fortunatamente sto vivendo. Ogni giorno c’è sempre una nuova avventura da affrontare, anche nella quotidianità si trova qualcosa che rende la giornata indimenticabile; nella maggior parte dei casi è sempre qualcosa di bello però purtroppo nulla può sempre andare bene. Mi hanno rubato il telefono, sono rimasta per un po’ di giorni fuori dal mondo, soprattutto dall’Italia, ma anche questa disavventura fa parte dell’esperienza, ho preso la situazione in mano e ho trovato una soluzione. La mia famiglia ospitante mi ha aiutata parecchio con questo “piccolo” inconveniente; mi trovo bene con loro, ho un bellissimo rapporto sia con i genitori che con la mia mia host sisters che l’altra exchange student.

Giovedì scorso ho fatto il mio primo test di biologia; le verifiche, il rapporto con i professori ed in generale la scuola sono completamente diverse dalla realtà italiana. All’inizio molti aspetti di questo nuovo mondo mi sembravano “strani” ma col tempo mi ci sto abituando e sto capendo che non sono davvero strani, ma semplicemente diversi da quello che ero abituata.

L’aspetto più difficile dell’esperienza è fare amicizia con i ragazzi canadesi perché tendono a non considerare gli internazionali, ma col tempo riuscirò anche a integrarmi di più con loro. Ho comunque molti amici qui, soprattutto tedeschi e spagnoli.

Un saluto

Lucia Goio